AROLDO TIERI, 1917-2006

« Older   Newer »
  Share  
IL CARTERACCIO -The Original-
view post Posted on 23/5/2007, 13:34




«Ha segnato la storia del cinema e del teatro italiano», scrive il Corriere della Sera, a grandi lettere, quando comunica il decesso del grande attore della Calabria che si ostinò a inseguire la sua passione di attore in un mondo allora segnato dai disordini fascisti e dal vivere claustrofobico di una dittatura tutt'altro che rosea. Interprete dotato di un'energia personalissima, tutta fisica e vocale, che esplose in maniera allucinante con la stessa forza di una lampadina alla quale si dà troppa corrente. Bruciante, sprigionò quel suo mezzo sorriso, misterioso tanto quanto quella della nostra Gioconda, in una carriera lunga settant'anni giocata fra il collasso definitivo del teatro e gli albori della televisione, affrontando un po' tutti i generi nell'insieme delle prospettive: le cupezze abissali e straordinariamente moderne delle opere che mise in scena con la compagnia di cui fu il fondatore, alle oblique e pastose commedie barocche con Totò, fino ai melodrammi familiari dei telefoni bianchi. La sua interpretazione più indelebile? Senza alcun dubbio a teatro.
Figlio del giornalista, critico teatrale e commediografo Vincenzo Tieri (che fondò e diresse "Il Corriere del Teatro"), dopo essersi diplomato nel 1937 all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica Silvio D'Amico, debuttò a teatro in "Francesca da Rimini", entrando poi nella compagnia del Teatro Eliseo di Roma, nella quale recitò Shakespeare, Puget, Testoni, Lodovici. Parallelamente cominciò anche la sua carriera nel cinema, esordendo nella commedia di Mario Mattoli Mille chilometri al minuto (1939), con Vivi Gioi, cui seguirà Manon Lescaut (1939) di Carmine Gallone.
Nella Cinecittà fascista degli anni Quaranta, trovò una sua dimensione professionale in diverse commedie dei telefoni bianchi nel ruolo macchiettistico del fidanzato ossessionato dai tradimenti e dagli accesi scatti d'ira. Luigi Zampa, Goffredo Alessandrini, Mario Bonnard, Camillo Mastrocinque furono i suoi registi, ma fu presente principalmente nelle pellicole dirette da Carlo Ludovico Bragaglia come: Fuga a due voci (1942), Non sono superstizioso… ma! (1943), Il fidanzato di mia moglie (1943), Torna a Sorrento (1945) e Pronto chi parla? (1945).
Con la caduta del fascismo, raggiunse il successo con le riviste di Garinei e Giovannini, insieme a Anna Magnani, Gino Cervi, Walter Chiari e Totò (di cui fu spalla anche sul grande schermo), ma recitò perfino nel teatro impegnato portando testi di Rattigan, Barry e Pirandello. A cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta, con l'avvento della televisione e la morte del teatro, si dedicò soprattutto al cinema, girando oltre cento film e diventando un'ottima spalla per attori come Totò con cui recitò in ben tredici film, ma diretto da diversi registi (Steno, Mario Monicelli, Mario Mattoli e Sergio Corbucci); alla radio (interpretando per esempio il radiodramma "Racconti romani" di Moravia) e alla stessa tv, recitando in sceneggiati ("La foresta pietrificata" e "Le avventure di Nicola Nickleby") e come conduttore ("Canzonissima, edizione 1960-61, con Lauretta Masiero).
Tornato a teatro con gli anni Sessanta, forte di una carriera cinematografica di tutto rispetto (recitò per Mario Soldati, Mario Costa, Pietro Germi, Giorgio Bianchi e perfino nel film spagnolo Un angelo è sceso a Brooklyn, accanto a Peter Ustinov), formò con la moglie, l'attrice Giuliana Lojodice, la compagnia Tieri-Lojodice, pur continuando a prestarsi per piccoli ruoli nella celluloide. Verrà infatti diretto da Lucio Fulci in Colpo gobbo all'Italiana (1962) e Gli imbroglioni (1963), da Mario Girolami in La donna degli altri è sempre la più bella (1963) e persino da René Clement in Che gioia vivere (1961) con gli amici attori Paolo Stoppa, Ugo Tognazzi, Gino Cervi, Alain Delon, Rina Morelli, Gastone Moschin e Carlo Pisacane.
Padrone di casa nel teatro italiano, in oltre trenta anni di attività, mise in scena un repertorio che ne sottolineò la poliedricità, oltre che l'instancabilità e l'intelligenza di interprete. Da Moliere a Shakespeare, da Shaw a Pirandello, tanto da meritarsi, nel 1984, il premio Armando Curcio per la rappresentazione de "Un marito" di Italo Svevo, quando ormai aveva smesso i panni di spalla di comici come Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Raimondo Vianello e Walter Chiari.
Si ritirò ufficialmente dal palcoscenico nel 1999 con "L'amante" di Margherite Duras e, preso in considerazione per il ruolo del Giudice nel Pinocchio (2001) di Roberto Benigni (ruolo che poi andò a Corrado Pani), morì fra le braccia della moglie a 89 anni la notte del 29 dicembre 2006, nella clinica San Valentino. Un attore vero, non c'è null'altro da dire… Esattamente come direbbe lui.
 
Top
carmen
view post Posted on 17/7/2007, 09:59




Il ruolo di amante isterico, geloso e ...fedifrago, gli calzava a pennello
 
Top
IL CARTERACCIO -The Original-
view post Posted on 17/7/2007, 13:05




Irresistibile in "Letto a tre piazze" nel ruolo dell'avvocato Vacchi.
 
Top
IL CARTERACCIO -The Original-
view post Posted on 30/9/2007, 13:20




INTERVISTA



L'incontro con Totò e' avvenuto quando la mia posizione cinematografica era già avanzata.Qualche volta ho fatto delle partecipazioni anche minime perché mi voleva molto bene e aveva piacere che partecipassi comunque ai suoi film. Qualche film con Totò me lo ricordo con piacere, qualche altro me lo ricordo quasi con vergogna. Allora si facevano perché si era nell'immediato dopoguerra e avevamo bisogno di soldi. Si può dire che ci si sarebbe potuti rifiutare di fare certi film, ma era difficile.


Non è che con questo voglio giustificare le mie malefatte cinematografiche. Adesso sono moltissimi anni che non faccio cinema, posso rifiutare anche perché le mie vecchie amicizie sono un po' scomparse; ma alcuni registi che adesso vanno per la maggiore allora facevano film con Totò, oggi parlano, sono inseriti politicamente e non fanno più film di serie B. Oggi farei del cinema diverso, più decoroso. Forse in un altro paese la mia faccia ispirerebbe delle storie diverse, ma in Italia sanno utilizzare solo i grossi nomi che fanno cassetta.



Un personaggio quando facevo cinema l'ho inventato: il fidanzato geloso, nevrastenico. Totò è stato uno dei ricordi più dolci, più professionalmente seri perché era una persona di una grandissima civiltà. Si è fatta molta polemica sul fatto se era principe o no: lo era comunque senz' altro nella sua grande generosità, nella sua disponibilità verso gli altri. Mi voleva molto bene, mi stimava moltissimo come attore. Mi ha regalato una delle sue prime registrazioni di poesie con la dedica. Era uno dei miei amici, anche se in genere non ho amici attori. Totò è stato un amico caro e sincero, uno dei ricordi più importanti della mia vita. Con lui facevamo i film in presa diretta e lì veniva fuori tutto 1'estro di Totò, la sua fantasia. Abbiamo lavorato insieme come buoni professionisti, o meglio come buoni artigiani.



Con Totò se ne giravano di lunghissimi, ci sono stati ciak che duravano un quarto d'ora, quanto un atto unico, Totò era uno che non si poteva interrompere. Si mettevano delle macchine da presa in due o tre posizioni e giravano tutte e tre, poi eventualmente il montatore faceva dei tagli all'interno della sequenza. Totò era la tranquillità, la certezza, il rigore, il mestiere per non perdere tempo sennò il film non si poteva girare in due o tre settimane. Un meccanismo a parole un po' deludente, ma c'era l'entusiasmo, l'allegria, la partecipazione di tutti noi e poi molti attori, caratteristi di cui oggi si perde anche la memoria. Totò era un uomo molto riservato, non comunicava moltissimo però sentivo che a lui, condannato in un certo senso all'avanspettacolo, alla sua maschera, faceva piacere avere vicino persone come me che provenivano dal teatro di prosa. Una volta mi sono trovato nel suo camerino, allora c'era quell'apparecchietto, il Geloso, un registratorino, e con quello mi ha registrato "'A livella" e un paio di altre poesie sue. Ho ancora il nastro, è un buon ricordo per me.

 
Top
carmen
view post Posted on 3/10/2007, 16:52




[

Un personaggio quando facevo cinema l'ho inventato: il fidanzato geloso, nevrastenico.

Accidenti se c'è riuscito bene. Ha evidenziato un archetipo italiano.
 
Top
IL CARTERACCIO -The Original-
view post Posted on 3/10/2007, 20:15




Direi di si.
Ma il "suo" capolavoro resta l'Avvocato Vacchi in "Letto a tre piazze".
Davvero formidabile.
 
Top
Pamabu
view post Posted on 4/10/2007, 07:54




Aroldo Tieri... visto anche in diversi spettacoli teatrali, tra lui "Le bugie..." (di Eduardo De Filippo). Che dire? Semplicemente straordinario!
Uomo di grande intelligenza, MAESTRO VERO, capace di passare con facilità dal comico al drammatico, da personaggi positivi a quelli negativi. Belle anche le sue partecipazioni nei film di Totò: "Totò sceicco", "Lo smemorato di Collegno", "La cambiale", "Letto a tre piazze", "Totò e i re di Roma", "Gli onorevoli"...
 
Top
IL CARTERACCIO -The Original-
view post Posted on 4/10/2007, 13:10




E..."Chi si ferma e' perduto", nell'interpretare il Dott. Rossi...Ispettore Generale!
 
Top
carmen
view post Posted on 4/10/2007, 20:03




Devo aggiungere, a geloso e nevrastenico, naturalmente "infedele".

marchesino, ma lei non è fidanzato con la signorina Mimì?...

Io non conosco nessuna Mimì

anche impunito!



Beh, insomma, se le battute non erano proprio così, ne ho fatto una libera interpretazione. Ma il senso era quello.
 
Top
8 replies since 23/5/2007, 13:34   281 views
  Share