15 FEBBRAIO 1898, Nascita di un mito.

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IL CARTERACCIO -The Original-
view post Posted on 27/2/2007, 21:58




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La targa ricordo sulla casa dov’è nato Totò.
 
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IL CARTERACCIO -The Original-
view post Posted on 25/4/2007, 20:12




Tra le curiosità ecco come alcuni quotidiani annunciarono la morte di Totò:

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Pamabu
view post Posted on 21/7/2007, 18:04




Giornali, che se fossi vissuto in quell'epoca, non avrei mai voluto leggere!
 
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IL CARTERACCIO -The Original-
view post Posted on 25/7/2007, 22:25




Totò si racconta


Testimonianze di Totò tratte da scritti e interviste

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- Sono nato in Rione Sanità, il più famoso di Napoli. Quel rione ha nome, in verità, Stella, e sta intorno alla stazione, ma per le buone arie lo chiamano tutti Sanità. La domenica pomeriggio le famiglie napoletane usavano riunirsi nelle case dell'una o dell'altra, e là chi suonava la chitarra, chi diceva la poesia, e chi cantava. Erano riunioni perbene, niente pomiciamenti. i giovanotti guardavano le ragazze, gli tenevano la mano, si innamoravano. Non le schifezze di oggi. E così si passava il tempo, divagandosi. Io facevo scenette comiche, per gioco. Fu in quel modo che comincia. Finchè mi presi la cotta per la sciantosa e mi buttai.
La Napoli di allora, degli anni intorno ai Venti, è scomparsa, non c'è più. Quella odierna è una cosa diversa, spesso non la riconosco. La mia Napoli è lontana. Adesso c'è il Napoli, alla larga ! Tutte fregnacce, fetenzie, fracasso. Detesto il fracasso. Cosa ne è oggi del Rione Sanità ? Era anche quello di Marotta. Per anni e anni, Marotta scrisse sempre contro di me, poi interpretai una parte nel film tratto dal suo libro "L'oro di Napoli", e cambiò. Si mise a lodarmi e diventammo amici.

- Sono stato un bambino povero con la voglia inappagata degli agi che non potevo permettermi. Non so come, ma quel bambino è rimasto sempre dentro di me. Me lo porto per mano come un piccolo amico invisibile, e mi diverto a regalargli ogni ben di Dio : vestiti eleganti, dolci, profumi e oggetti raffinati. Tutti qusti soni, però, non sono adatti alla sua età, ma alla mia.

- Prima nacque Antonio De Curtis e solo in un secondo momento vide la luce Totò. Accadde in palcoscenico, nel periodo in cui facevo la commedia dell'arte per guadagnarmi, stentatamente, da vivere. Avevo una vecchia bombetta polverosa e una sera, preso dall'ispirazione, me la misi in testa. Ebbene, la gente incominciò a sganasciarsi dalle risate. Quel villano che era in scena, sguaiato, pronto a strizzare l'occhio e a muoversi come un burattino piaceva al pubblico. Lo chiamai Totò, il diminutivo di Antonio, che a Napoli è Totonno.

- La maschera di Totò, ebbene, io la disprezzo. Mi è utile, certo mi è utile. Ma la maschera è al servizio del pubblico, Totò in effetti è un servitore del pubblico. E questo a me non può far piacere, è ovvio. Però non vuol dire; io a Totò sono affezionato, è parte di mè stesso. Non ho mai pensato, neppure minimamente, di sopprimere la mia maschera.

- Io devo tutto a Totò e se non l'avessi incontrato un giorno per la strada e non l'avessi riconosciuto come il solo amico della mia vita, Dio solo sa quale sarebbe stato il mio destino. Cugino di Pulcinella, nipote di Arlecchino ? Io non l'ho mai saputo, e ne hanno scritte tante a proposito di lui. Certo è un buffone serissimo, il qualche come tutti i buffoni che si rispettano maschera la ragione da follia e la follia da ragione. Ne abbiamo passate insieme di tutti i colori. Mi disse, incontrandomi pe rla prima volta, di non perdere tempo, che avevo la faccia che serviva a lui, e che se lo avessi accompagnato saremmo andati a morire di fame insieme. Io fui, insomma, il primo spettatore di Totò, come dire di me stesso. << Vedrai che il pubblico alla vita ci vorrà bene, perchè gli faremo patire un sacco di piacere >>. Disse proprio il verbo "patire", quel buffone, ignorantissimo di filosofia come tutte le maschere, ma armatissimo di esperienze preziose, cioè a dire ricco di guai, di beffe subite, di appetito arretrato, esperienze che servono alla legge del contrasto comico. In fondo, senza la miseria e le disgrazie, non esisterebbe Pulcinella. Diceva infatti Petrolini al suo pubblico << Vi pare una bella cosa ridermi in faccia ? Vi rido in faccio io, a voialtri ? >>. Dopo un brivido di dubbio, il pubblico scoppiava in applausi. E lui, il viso scemo e tonto proseguiva : << Chi vuol ridere vada fuori ! >> . Tutto quello che so fare me lo ha insegnato Totò, che sapeva l'arte di guarare da vicino la verità della strada. Questo impareggiabile buffone ha uno sguardo come l'obiettivo di una macchina fotografica

- Il comico deve saper fare di tutto, e se no che comico è ? Ogni tanto mi saltate addosso, non fare questo, non fare quello, fai solo i film con Fellini, con De Sica, con Pasolini, con Monicelli, lascia stare i filmetti girati in pochi giorni, uno ha bisogno di sentire il meccanismo che ha dentro funzionargli sempre, perchè noi viviamo solo per quearo : tac, si accendere un riflettore, tac, si accendono le luci della ribalta. Noi attori viviamo solo per questo, e non bisogna fare troppe distinzioni. Per me l'impegno è sempre stato quello di fare allo stesso modo un personaggio importante e una macchietta : di farli con la stessa intensità. Perchè io, poi, in fondo sono uno di quegli attori che improvvisano sempre.
Guai se non mi abbandonassi all'improvvisazione, mi sentirei un burattino, un uomo finito, un guitto da mettere in un ripostiglio, insieme con gli arnesi del trovarobato.

- Non è una cosa facile fare il comico, Il comico è la cosa più difficile che esista. Il drammatico è facile. Difatti nel mondo gli attori comici si contano sulla punta delle dita. Mentre attori drammatici ce n'è una infinità. Molta gente sottovaluta il film comico ma non è mica vero. E' più difficile far ridere che far piangere. A far piangere si fa presto, basta una disgrazia, uno casca e si rompe una gamba ... i violini che suonano, un bambino che chiama la mamma, la mamma che muore ... Far ridere ah ... ! Il pubblico c'ha la prevenzione !

- Io dico : perchè sono arrivato a essere un beniamino delle platee ? Perchè sono un comico, e il pubblico ha mostrato di volermi così. L'attore è come il deputato : viene eletto per certe sue determinate qualità, per espletare un particolare mandato. Perchè i ora dovrei tradire il mio ? Volgermi a parti più o meno patetiche o drammatiche nelle quali altri venti attori riuscirebbero bene almeno quanto me ?

- Io so a memoria la miseria, e la miseria è il copione della vera comicità. Non si può far ridere se non ci conoscono bene il dolore, la fame, il freddo, l'amore senza speranza, la disperazione delle solitudine di certe squallide camerette ammobiliate, alla fine di una recita in un teatrucolo di provincia; e la vergona dei pantaloni sfondati, il desiderio di un caffelatte, la prepotenza esosa degli impresari, la cattiveria del pubblico senza educazione. Insomma, non si può essere un vero attore comico senza aver fatto la guerra con la vita.

- Il teatro è una cosa, il cinema è un'altra. Innanzitutto c'è il calore del pubblico che è come un ossigeno, una droga. Io mi ricordo di quando facevo il teatro, a un certo momento non capivo più niente, mi sfrenavo, davo di pazzo in palcoscenico. Il cinema è tutto differente. Al cinema non bisogna studiare la parte ... è quasi una improvvisazione. Si imparano quelle due battute lì per lì e si ripetono. Tre, quattro, cinque volte, finchè il regista dice "va bene". Il teatro no, bisogna sapere tutto a memoria.

- Il cinema non ha polvere : se la trova scappa. Il teatro vive nella polvere, se ne incipria. Io là vorrei morire, come Molière, sorretto dal trovarobe, come il suggeritore che mi passa le ultime battute, quelle da consegnare ai posteri : sopra un letto di cartapesta e contro un cielo inzuppato di stelle dipinte. Poi la polvere sale, sale e mi porta tra gli angeli di terracotta.

- Una delle scene che preferisco è quella in cui faccio Pinocchio, nel film "Totò a colori". La girai in un piccolo teatro e fui allietato dalle risate dei tanti bambini che mi applaudivano. Pensai a tutti gli altri piccoli spettatori che si sarebbero divertiti nelle sale cinematografiche e mi sentii contentissimo. Se l avita degli adulti, in genere piuttosto grigia, simile a un film in bianco e nero, avesse come colonna sonora un coro di bambini, diventerebbe subito un Technicolor.

- Alcune riviste me le scrivo io. Ma talvolta c'è tra le cose che penso e la loro espressione, un velo. In "Tarzan", quando entro in scena con la camicia bianca e le alette, vorrei veramente volare intorno a Lucifero come una farfalla. Invece un lazzo mi tiene incollato sul palcoscenico. Nessuno si accorge che certe sere io combatto una battaglia violentissima : Totò contro il suo repertorio. Sono momenti nei quali mi sembra di soffocare, e allora mi vedete spiccare con un salto straordinario, e vi assicuro straordinario, e tento di arrampicarmi su per il sipario. Reagisco alla consuetudine della recitazione. Direi che è un fatto fisico. Vorrei persino precipitarmi nella voragine della platea e correre sulle teste degli spettatori.

- Io i critici li rispetto. Ma i critici devono consigliare, non distruggere. Se lei enra qui, dice, che brutta stanza e poi mi sfascia la finestra, mi spacca l'armadio, mi rompe il lavandino, non è mica giusto. Ma se lei entra qui e dice che brutta stanza, io a quell'armadio di metterei un pannello, quella finestra al tingerei di rosso, quel lavandino lo attaccherei al soffitto, ecco che si comincia a ragionare. Io rispetto ma voglio essere anche rispettato.

- Anni addietro, mentre recitavo nella rivista "Tarzan", in attesa del mio turno, approfittai del breve respiro concessomi per avvicinarmi lestamente alle quinte a bere un sorso di caffè. Il turno mi toccò, purtroppo, prima di quanto avessi calcolato e, con u sorso di caffè ancora in gola, dovetti rivolgermi al mio interlocutore, pronunciando, mezzo soffocato e quindi con una accentazione errata << Indòvina un bò ...>>, invece di << Indovìna un pò ...>>. La frase fece subito presa sul pubblico, e molti per diverso tempo, ripeterono con me : << 'ndovina un bò >> .
Qui interviene il caso.
La maggior parte delle volte, però, seguendo la mia formula dell'umorismo teatrale, presi a rifare il verso a modi di dire ormai invalsi dall'uso comune e adoperati, spesso, da molte persone con un certo tal tono di saccenteria e di prosopopea : << A prescindere ... >>, << Apoteosi >>, << Comunque ... >>, << Io sono un uomo di mondo ... >>.
Altre volte, mi è accaduto di pronunciare frasi formulate d'improvviso sulla scena, in risposta a una battuta sbagliata del mio interlocutore.
Al teatro Nuovo di Napoli si rappresentava la rivista "Messalina", parodia della vita della dissoluta imperatrice e del suo amante Caio Silio. L'attore Antonio Schioppa, invece di salutarmi con la frase latineggiante <<ave, Caio Silio !>>, se ne uscì con un << Ave, caro don Silvio ... >> . Afferrai al volo la "papera" e, mantenendomi sullo stesso tono, gli risposi : << Salute, don Antò, 'a bellezza vostra ! ... >>.

- Io mantengo venicinque persone, duecentoventi cani. I cani costano, e valgono più di un cristiano. Lei lo picchia e lui le è affezionato lo stesso, non gli dà da mangiare e lui le vuole bene lo stesso. Il cane è 'nu signore, tutto il contrario dell'uomo. Guardi gli uomini come si odiano : basta che sfregiano 'nu poco l'automobile, subito scendono coi denti fuori, gridando. Il cane questo non lo fa. Accadde quindi che qualche anno fa andai a visitare un canile che era tenuto da una speculatrice. Certi cani magri, tristi, malati. Allora feci cacciar via la speculatrice e costruii tanti bei capannoni con tante belle cucce. Qui li tengo, i miei cani, per me sono come duecentoventi bambini. Certo costano : il personale di servizio, il veterinario, le medicine ...

- Non è che io ami solo i cani, ma li preferisco ai gatti per un fatto che risale alla mia infanzia. Mia madre aveva un gatto, Bianco, al quale era talmente affezionata da sostenere che fosse mio fratello. Con tutto il rispetto per i felini, l'accostamento non mi piacque. Ho invece molta simpatia per i pappagalli. Il mio si chiama Gennarino e mi fa tanta buona compagnia. Come riconoscimento delle sue virtù, gli ho conferito persino il titolo nobiliare. Così adesso è un pappagallo visconte.

- Sono un napoletano con tutti i pregi e i difetti del napoletano. Vivo ormai da molto tempo a Roma, ma non mi sento romanizzato nelle abitudini. Ogni quindici giorni torno a Napoli per un brevissimo soggiorno; non posso stare più a lungo lontano dalla mia città; la gente di là mi dà il calore della vita. E ogni volta mi commuovo come un bambino.

- Napoletanissimo. Sono orgoglioso e mi vanto di essere napoletano. E' una bella città. Il popolo napoletano ha cuore, ha sentimento e poesia.

- Totò parla di Pier Paolo Pasolini
Ho letto le sue opere, ma di persona l'ho conosiuto soltanto in occasione di questo film (Uccellacci e uccellini, 1966). So che è bravissimo e un intellettuale vero e profondo, non superficiale come molti altri. Non ho visto però altri suoi film, anche perchè io vado poco al cinema ... penso sia meglio, perchè non sapendo niente posso essere più fresco, più sensibile. Sicuramente è un genio, io non so bene quello he vuole, però lo faccio perchè sento che va bene.
Mi ha spiegato poco, mi ha spiegato una sola volta, cioè "Io preferirei che tu facessi così, così e così". Ma non so che cosa ci sia prima e dopo non so cosa viene. Se io debbo raccontare il film in ordine, da cima a fondo, non lo posso dire. Inoltre, quello che lui mi dice io faccio. Ho una gran fiducia nella sua cultura, nella sua preparazione.

Questo Pasolini, pasolineggia un pò troppo. Stiamo a metà del film e non ho ancora capito che razza, che schifezza di film, stiamo facendo. Certe volte io gli prendo la mano, faccio a modo mio. Insomma, capisci, cerco di forzare la mia situazione. Ma lui urla, mi sgrida, mi strapazza, come se fossi un ragazzino. No, questo non lo devi fare, mi dice, ma io lo faccio lo stesso.
La regia di Pasolini è differente da tutte le altre. Pasolini, innanzi tutto, è un uomo intelligente, ma è anche un uomo pieno di fantasia, ha un metodo tutto suo per lavorare.
No, non mi lascia libero di recitare ... Io ho sempre recitato per conto mio, improvvisando, dicendo cose che non erano scritte nel copione ... alle volte sono state le migliori battute così ... Pasolini vuole che si faccia quello che dice lui.
Sono state scena faticose, molto faticose, camminare nel fango, nella melma, nelle sabbie mobili. Pasolini cerca a volte i posti più impensati, e del resto ha ragione lui perchè poi i risultati sono molto belli, non sono comuni. Pensi che in una scena avevo soltanto un paio di zoccoli, un saio di sacco che lasciava passare vento e freddo con la tessitura così rada. Gli zoccoli sono duri e pesanti, e poi l'altro giorno, con la melma, ogni zoccolo pesava venti chili, impregnato di fango, di creta ...

Per la mia interpretazione ho ottenuto a Cannes la menzione d'onore al Festival dovrei essere ampiamente soddisfatto; invece non lo sono. L'impegno non guasta la comicità, la battuta non è più spontanea, nasconde sempre un secondo o un terzo o addirittura un quarto scopo e allora lo spettatore è costretto a pensare, e individuare il linguaggio, a intendere il secondo o il terzo scopo ... e non si diverte più. I ruoli drammatici sono piaciuti molto di più alla critica che al pubblico. Il pubblico ama Totò perchè Totò fa ridere, perchè Totò lo aiuta a dimenticare i guai, le amarezze di tutti i giorni. Non vuole vedere Totò serio, impegnato nelle vicende drammatiche.
Io sono un pò riluttante ai premi. A questo qui, questo del "Nastro d'argento", ci sono venuto volentieri, perchè è un premio serio. E' il secondo che prendo. L'altro l'ho vinto per "Guardie e ladri", un film che oggi classificano un classico.

Io mi trovo benissimo. Infatti lui è contento di me. E' la terza colta che lavoro con lui (Che cosa sono le nuvole, 1967). E' un regista impegnato ... è il suo genere, il suo stile. Io lo capisco, mi piace. Con gli altri registi è tutto più calmo, si corre meno, è più ordinaria amministrazione. Con lui no, con lui è un pò differente, perchè lui è dinamico, pieno di vitalità, pieno di improvvisazione. E' un uomo molto intelligente, un intellettuale, un poeta. Non credo di aver modificato il mio personaggio con lui. Io interpreto. Siccome credo di essere un attore quasi completo, quel che mi fa fare, faccio. La parte bisogna sentirla dentro, nell'animo, nello spirito, secondo quello che hai da fare. Un attore deve essere completo. Non deve saper fare solo una cosa. Non credo che sia così ?
Certo, alla massa non può piacere, la massa va per divertirsi, per ridere, quindi non vuol pensare, non vuole approfondire.
 
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totoiano80
view post Posted on 15/2/2010, 11:23




112 anni.... sempre vivo nei nostri cuori, auguri Totò !!!
 
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IL CARTERACCIO -The Original-
view post Posted on 15/2/2010, 11:42




Auguri di cuore. :)
 
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view post Posted on 16/11/2010, 17:16
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Comandante

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Ciao a tutti, sono nuovo del forum, anzi in veirtà lo scoperto per caso, è veramente bellissimo, io sono proprio malato di Totò, ne vado assolutamente matto :)
 
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21 replies since 17/8/2005, 00:21   2398 views
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